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Il diritto minorile è una branca del diritto che si occupa dei diritti e degli interessi dei minori. Si occupa di tutelare i minori da qualsiasi forma di abuso, sfruttamento e maltrattamento. Il diritto penale minorile è una branca del diritto penale che si occupa dei reati commessi dai minori. Si occupa di applicare sanzioni penali ai minori, ma anche di rieducare i minori e reintegrarli nella società.
Il diritto minorile e penale minorile sono due branche del diritto strettamente interconnesse. Il diritto minorile si occupa di tutelare i minori, mentre il diritto penale minorile si occupa di punire i minori che hanno commesso reati. Tuttavia, entrambi i rami del diritto hanno lo scopo di garantire il benessere dei minori e di aiutarli a crescere in modo sano e armonioso.
Il D.M.P.M sono disciplinati da una serie di norme giuridiche, tra cui la Convenzione sui diritti del fanciullo, la Costituzione italiana e il Codice penale. Queste norme garantiscono ai minori una serie di diritti fondamentali, tra cui il diritto alla vita, alla salute, all'istruzione, all'alloggio, all'assistenza sociale e alla tutela.
Inoltre, sono settori del diritto in continua evoluzione. Questo perché le esigenze dei minori cambiano nel tempo e il diritto deve adeguarsi a queste nuove esigenze. Inoltre, il diritto minorile e penale minorile sono settori del diritto fortemente influenzati dalla psicologia e dalla pedagogia. Questo perché la comprensione del comportamento dei minori e delle loro esigenze è fondamentale per garantire il loro benessere, sono settori del diritto importanti e delicati. Sono settori del diritto che hanno un impatto significativo sulla vita dei minori e che devono essere applicati in modo da garantire il loro benessere.
La presente lezione si sofferma su alcune delle più importanti e significative novità della riforma del diritto di famiglia. Un particolare rilievo è dato al ruolo del minore, che da oggetto di protezione divene soggetto giuridico, acquisendo maggior centralità nei procedimenti che lo vedono coinvolto e specifiche tutele anche in fase post-procedimentale.
Inoltre, il legislatore della riforma consente al giudice di vagliare la possibilità di nominare un curatore speciale, proprio al fine di consentire al minore di essere parte processuale, portatore di interessi propri.
La presente lezione conclude il tema relativo alla figura del curatore speciale del minore ex art. 473 - bis.8 c.p.c., alla luce della riforma. In particolare, si pone in rilievo la differenza rispetto alla figura del curatore ex art. 473 - bis.7 c.p.c.
Inoltre, la riforma prevede la disciplina dell'ascolto del minore, che non intende sostituirsi all'ascolto processuale ma è volta a rafforzare la tutela del minore assistito.
L’intento della riforma quindi è proprio questo, ovvero quello di fornire nuovi strumenti normativi, attraverso i quali poter pervenire a provvedimenti finali meno "standardizzati" e più aderenti al caso concreto.
La presente lezione delinea l'evoluzione normativa in materia di affidamento. In particolare, la l. 8 febbraio 2006, n. 54 ha rivisto la disciplina dell’affidamento dei figli minori. Una delle novità più importanti della legge del 2006 è data dall’introduzione dell’art. 709-ter (oggi abrogato) all’interno del codice di procedura civile. Tale norma è stata fortemente innovatrice e denota l’intento del legislatore di garantire un’effettiva tutela dei diritti nel diritto di famiglia.
Una modifica incisiva è data dall’intervento della l. 26 novembre 2021, n. 206, che si inserisce nel dibattito sulla possibilità di cumulare la misura risarcitoria ex art. 709 - ter c.p.c. con la generale misura di coercizione indiretta ex art. 614 - bis c.p.c.
La l. 26 novembre 2021, n. 206, inoltre, mira a migliorare l’efficienza del processo civile e ad “assicurare la semplicità, la concentrazione e l’effettività della tutela e la ragionevole durata del processo”. Proprio in tale ottica si introduce, a livello processuale, il rito unificato in materia di persone, minorenni e famiglie.
La presente lezione affronta la disamina dell'affidamento ai Servizi Sociali, ponendo in evidenza le differenze rispetto alla differente misura dell'affidamento familiare.
L'affidamento familiare, infatti, rappresenta una misura di sostegno per la famiglia d'origine, che, in quanto tale, viene meno quando dette difficoltà risultino superate.
L’affidamento ai Servizi Sociali, invece, viene disposto quando la condotta dei membri della famiglia di origine del minore sia pregiudizievole per quest’ultimo. Si tratta di un rimedio azionabile nei casi di inefficacia o inadeguatezza di misure di sostegno alla famiglia di origine.
Il nuovo art.5-bis della legge 4 maggio 1983, n. 184, introdotto dall'art. 28, comma 1, lett. d) dal D.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, risponde all'esigenza di procedimentalizzare l’attività che i servizi sociali svolgono nelle situazioni in cui l’intervento del giudice limita la responsabilità genitoriale.
La presente lezione affronta il tema caldo ed attuale dell'omogenitorialità e del diritto del minore di essere riconosciuto giuridicamente figlio di entrambi i partner omosessuali che abbiano fatto ricorso alla tecnica di PMA.
La disamina trae spunto dalla pronuncia della Corte Cost. n. 230/2020, dalla quale è possibile delineare i due orientamenti sull'argomento.
Un orientamento riconosce il diritto alla omogenitorialità come un aspetto fondamentale della libertà di scelta del proprio orientamento sessuale e del rispetto del principio di autodeterminazione nel libero svolgimento della vita affettiva e familiare.
Secondo un altro orientamento, invece, confermato dalle più recenti pronunce della Consulta, le coppie omosessuali non possono esercitare il diritto alla genitorialità, data l’assenza nel nostro ordinamento di una normativa che consenta alle coppie dello stesso sesso di accedere alle tecniche di PMA.
La lezione in esame si sofferma sull'evoluzione dell'istituto della responsabilità genitoriale e, correlativamente, sui diritti del minore.
La Riforma del diritto di famiglia del 1975, in un'ottica costituzionalmente orientata, ridefinisce il ruolo di genitori attribuendo la potestà ad entrambi e rimarcando i loro doveri nei confronti dei figli.
Il d.lgs. n. 154/2013, entrato in vigore il 7 febbraio 2014, ha profondamente innovato la materia del diritto di famiglia. Tra le novità più importanti, l’eliminazione del concetto di potestà genitoriale a favore del concetto di responsabilità genitoriale.
Con la l. n. 219 del 2012, si definisce la responsabilità genitoriale che si sostanzia in comportamenti idonei a far sì che il minore possa sviluppare la propria autonomia e autodeterminazione nell’ottica dello sviluppo e della sua identità personale.
La lezione in esame affronta il tema della tutela del minore straniero non accompagnato nel sistema legislativo italiano. La presenza di minori stranieri ha finito col rappresentare un fenomeno specifico all’interno del processo migratorio. La l. 47/2017 rappresenta un testo normativo che ha consentito un riordino della materia, data la forte attualità e le molteplici criticità che la stessa solleva.
La presente lezione (Parte II) ripercorre la normativa italiana che disciplina l'attività lavorativa dei minori d'età: orario di lavoro, attività lavorative vietate ai minori, le tipologie contrattuali utilizzabili per i minori.
Uno spazio è dedicato, infine, allo sfruttamento e abuso del lavoro minorile e agli strumenti giuridici apprestati dall' ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro).
La presente lezione si concentra sulla negoziazione e sulla mediazione familiare. Le nuove forme di famiglia emergenti conducono ad una modificazione delle relazioni familiari, oggi ispirate alla parità di diritti e ruoli ed alla negoziabilità dei termini della convivenza.
Si sviluppa pertanto una diversa conflittualità e la negoziazione può essere un valido strumento per la gestione alternativa del conflitto.
A tal proposito, la finalità della mediazione familiare è proprio quella di attenuare la conflittualità nella crisi della coppia e tentare di ripristinare una comunicazione costruttiva, volta a ricercare una soluzione concordata, negoziata e condivisa, al fine di tutelare il superiore interesse del minore, rendendo così realizzabile il progetto educativo della prole.
La lezione tratta il tema dell'importanza della mediazione familiare quale forma di gestione e risoluzione stragiudiziale dei conflitti familiari.
Il ricorso alla mediazione è sottoposto ad un duplice vaglio, consistente nella valutazione discrezionale del giudice riguardo alla opportunità di rinviare alla mediazione nel caso concreto e nel necessario consenso delle parti all’istituto stesso.
Oggi, l'esplicita previsione nell’art. 6, co. 1 bis l. 10 novembre 2014, n. 162 disciplina la negoziazione assistita cd. familiare, nella materia della crisi delle relazioni familiari
La legge delega n. 206 del 2021 ha recepito le indicazioni della Commissione Luiso, che aveva sottolineato la necessità di estendere l’utilizzo degli strumenti alternativi delle controversie al settore dei conflitti familiari.
La Riforma Cartabia è intervenuta incisivamente in materia di giustizia familiare e minorile.
ll legislatore della riforma ha attribuito un ruolo centrale al giudice, attraverso un più incisivo esercizio della funzione conciliativa in ambito endoprocessuale. Tale funzione viene esercitata con l’adozione di provvedimenti finalizzati a suggerire alle parti di tentare il percorso alternativo al procedimento giurisdizionale, salvo che sorgano episodi di violenza; in questo caso è obbligatoria l'interruzione dell'attività di mediazione.
La mediazione familiare mira alla ricostruzione della vita familiare, con l'obiettivo primario della tutela dell’interesse della prole.
La presente lezione si sofferma ancora sulla mediazione familiare, strumento indispensabile per la ricomposizione degli equlibri familiari, in cui è fondamentale il ruolo del consenso. Quest'ultimo non può, tuttavia, prescindere dal legame con l'organo giurisdizionale.
Con l'entrata in vigore della Costituzione del 1948, si ha l'introduzione di nuovi princìpi, anche nel diritto penale minorile. In particolare, emergono gli artt. 27, terzo comma e 31, secondo comma.
Si consolida un' interpretazione del principio rieducativo come risocializzazione, da intendersi come ritorno del soggetto nella comunità e, quindi, nella vita sociale. Si abbandonano, dunque, le idee di “correzione” e di “trattamento risocializzante” a favore della rieducazione che, peraltro, viene considerata un interesse-dovere dello Stato, a cui è subordinata la pretesa punitiva.
La presente lezione ripercorre i principi ispiratori del processo penale minorile: adeguatezza, minima offensività, autoselettività, residualità della detenzione. Particolare attenzione è data al principio della minima offensività come ratio dei principali istituti.
Inoltre, la riforma del 1988 valorizza e antepone l'intervento sociale preventivo all'intervento penale repressivo e annientante.
Sono espressione della teoria del minimo intervento penale anche le seguenti formule indulgenziali di chiusura del processo: la sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto; il perdono giudiziale; la dichiarazione di estinzione del reato per esito positivo della prova; l'assoluzione per non imputabilità.
La lezione in esame affronta il tema dell'imputabilità del minore. Si tratta di un tema controverso nel diritto penale, anche perché strettamente connesso con la questione del fondamento della punibilità e della finalità della pena.
La lezione si sofferma sulle misure di sicurezza, nonché sulla pericolosità sociale che costituisce il presupposto applicativo.
In particolare, la lezione si sofferma sulle misure del riformatorio giudiziario e della libertà vigilata e sulle declaratorie di incostituzionalità della Corte Cost.: il trattamento penale dei minori deve essere improntato alle specifiche esigenze proprie dell’età minorile, quanto a misure adottabili ed alla loro esecuzione.
La lezione è dedicata ai reati contro i minori: l’abbandono di minore (art. 591 c.p.); l’abuso dei mezzi di correzione e di disciplina (art. 571 c.p.); i maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.); la sottrazione di minorenni (artt. 573, 574, 574 bis c.p.); le violenze a sfondo sessuale sui minori (art. 609 bis c.p.); la pedopornografia (art. 600 ter c.p.); la corruzione di minorenni (art. 609 quinquies c.p.); la circonvenzione di incapace (art. 643 c.p.); l’adescamento di minorenni (anche detto “grooming”) (art. 609 undecies c.p.).
I reati contro i minori:
La lezione prosegue nella disamina delle figure di reato ai danni dei minori, in linea di continuità con la lezione precedente.
In particolare, la lezione si sofferma sulla sottrazione dei minori e sulle violenze a sfondo sessuale sui minori.
Qualche cenno è dedicato alla prostituzione minorile, alla pornografia minorile, al turismo sessuale e al reato di circonvenzione di incapaci (art. 643 c.p.)
La lezione accenna alla Convenzione di Lanzarote del 2007. Con l’approvazione di questo documento si è giunti al livello più avanzato della protezione del minore: gli Stati aderenti si sono impegnati a rafforzare la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, adottando criteri e misure comuni sia per la prevenzione del fenomeno, sia per il perseguimento dei colpevoli e la tutela delle vittime. Tra le più importanti novità della Convenzione di Lanzarote, vi è l'introduzione di due nuove figure di reato: l’istigazione a pratiche di pedofilia e di pedopornografia e l’adescamento di minorenni.
La presente lezione delinea i tratti caratterizzanti del processo penale minorile: la responsabilizzazione del minore, finalizzata a sollecitare il recupero spontaneo da parte del minore; l'impronta finalistica del processo penale a carico di imputati minorenni, il quale ha una funzione ulteriore rispetto a quella dell’accertamento della verità, ovvero quella del recupero del minore.
In questo senso, il processo penale minorile si caratterizza come “processo penale della personalità”, oltre che del fatto.
Il rapporto tra rito penale ordinario e processo minorile, è ispirato ai criteri di sussidiarietà e specialità.
La tutela del minore si realizza tramite strumenti che consentano la rapida fuoriuscita del minore dal circuito penale, prima dell’imputazione o dell’emanazione della sentenza. Si prevede, ad esempio, la declaratoria di non imputabilità, in ogni stato e grado del processo, per il minore infraquattordicenne, ma vi sono altri possibili esiti definitori molto rilevanti, la cui ratio è, comunque, quella della minima offensività del processo e della rapida definizione dello stesso.
La presente lezione si sofferma sulle pricipali tutele del minore all'interno del processo penale minorile, in particolare divieto di pubblicazione e di divulgazione (art. 13 del D.P.R. n. 488/1988).
La lezione in questione esamina la fase del giudizio nel processo penale minorile, nelle due importanti fasi dell'udienza preliminare e del dibattimento. Si evidenziano le formule terminative specifiche per i minorenni. Si passa poi all'esame del regime delle impugnazioni dell' appello, del ricorso per Cassazione e dell'opposizione.
La lezione affronta la disamina dei procedimenti speciali nel diritto penale minorile. In particolare, non sono previsti gli istituti dell’applicazione della pena su richiesta delle parti (cd. patteggimento) e il procedimento per decreto (art. 25. D.P.R. 448/1988). Sono invece ammessi il rito abbreviato, il rito immediato e il rito direttissimo.
Infine, qualche cenno è dedicato alla c.d. Riforma Cartabia del processo e del sistema sanzionatorio penale, riforma volta a incentivare il ricorso ai procedimenti speciali in funzione deflattiva, al fine di ridurre il numero dei procedimenti celebrati con rito ordinario.
La presente lezione verte sul D.lgs. n. 218/2021 e si sofferma sulla lettura e analisi del testo normativo. Si tratta di un corpus di disposizioni volte a regolamentare la materia dell’esecuzione delle pene nei confronti di condannati minorenni, priva di una normativa ad hoc fino al 2018.
La finalità che deve connotare l’esecuzione penale minorile è quella di favorire sia percorsi di giustizia riparativa e di mediazione con le vittime di reato, sia la responsabilizzazione, l’educazione e il pieno sviluppo psico - fisico del minorenne.
La lezione in esame tratta la mediazione penale minorile. Quest'ultima è informata al principio della minima offensività del processo, principio secondo cui occorre ridurre al minimo gli interventi giudiziari tutelando i minorenni che siano entrati nel circuito penale.
La finalità dell'istituto è quella di consentire al minore di sviluppare maggiore consapevolezza in ordine ai propri comportamenti, attraverso un processo di responsabilizzazione sul danno causato e sulle possibilità di riparazione; la mediazione può dirsi conclusa con successo quando si raggiunge una nuova visione del fatto, condizione imprescindibile per la ricerca di un accordo che faccia superare il conflitto iniziale.
La presente lezione affronta il tema dell'esecuzione e della vita detentiva all'interno degli istituti penitenziari per i minorenni. Il progetto educativo viene elaborato secondo i principi della personalizzazione delle prescrizioni e della flessibilità esecutiva, tenendo conto delle attitudini e delle caratteristiche della personalità del condannato.
La Corte Costituzionale è intervenuta, ravvisando una violazione degli artt. 27 co. 3 e 31 co. 2, Cost.. Nella normativa ha riscontrato, infatti, una prevalenza delle finalità di prevenzione generale e di difesa sociale su quelle di educazione e risocializzazione, con conseguente violazione dei princìpi di proporzionalità e individualizzazione della pena che presiedono al nuovo ordinamento penitenziario.
La lezione in esame si sofferma sull'istituto della messa alla prova e sulla giustizia riparativa minorile. Si tratta di un’innovazione nel sistema penale minorile, in quanto prevede la sospensione del processo senza la pronuncia di una sentenza di condanna nei confronti del minore.
La Riforma Cartabia (d.lgs. n. 150/22) è intervenuta sull’applicabilità dell’istituto della messa alla prova: da un lato, ampliando il novero dei reati che ne consentono l’accesso e che si prestano all’avvio di percorsi di risocializzazione e riparazione; dall’altro, prevedendo la possibilità di proporne l’applicazione anche per il PM.
La lezione affronta il tema dei reati di figlicidio e infanticidio, mettendo in luce le differenze tra le fattispecie, nonchè gli elementi costitutivi.
La Corte di Cassazione sez. I, 7 ottobre 2010, n. 40993 ha affrontato il problema della definizione del concetto di condizioni di abbandono materiale e morale, elemento specializzante del delitto di infanticidio (art. 578 c.p.), delineando due orientamenti difformi sia in giurisprudenza che in dottrina.
La lezione in esame si sofferma sull'audizione del minore nel processo penale minorile e soprattutto sull'efficace tecnica dell'esame incrociato.
In particolare, il legislatore prevede una deroga alle modalità aggressive dell'esame incrociato, attraverso la trasformazione dell'esame dibattimentale del minore in un esame “filtrato”, in cui vi è un arretramento del ruolo proprio delle parti, in ragione della prioritaria necessità di tutelare la serenità del testimone.
La presente lezione ripercorre le principali tappe normative e giurisprudenziali che hanno segnato l'evoluzione del diritto minorile, sul piano del diritto interno ed internazionale.
A livello sovranazionale, la Convenzione di New York dell'89 introduce il concetto di "migliore interesse del minore", gettando così le basi per i successivi impianti normativi che hanno caratterizzato le legislazioni nazionali. Inizia ad emergere la concezione del minore come soggetto portatore di interessi propri ed esclusivi (ratifica in Italia della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza dell'89).
A seguire la Convenzione di Strasburgo del '96 pone le basi della tutela processuale del minore, fino alle Linee guida del Consiglio d'Europa del 2010 che si soffermano sulla tutela del minore anche a procedimento concluso.
Infine, col rilievo progressivamente crescente della tutela dei diritti del minore, si afferma la figura del cd. curatore speciale (cenni).
Una significativa evoluzione giurisprudenziale, sempre più attenta ai diritti del minore, attribuisce un ruolo sempre più rilevante alla figura del curatore speciale. La finalità di tale evoluzione è quella di tutelare il minore in presenza di un conflitto di interessi nei confronti dei genitori, o quando sussistano conflittualità anche solo potenzialmente pregiudizievoli per il minore.
La lezione in esame riprende l'argomento della mediazione penale nella giustizia minorile. Oggetto di quest'ultima è il conflitto da cui ha avuto origine il reato. Reo e vittima diventano protagonisti attivi della risoluzione del conflitto che il reato ha originato, nell’individuazione di una soluzione che possa dare conforto alla vittima e contemporaneamente sappia responsabilizzare il reo.
La presente lezione affronta la disamina di alcune importanti figure professionali nell'ambito della giustizia penale minorile: quella dello psicologo, dell'avvocato difensore del minore autore di reato, del mediatore. La figura dell'educatore è trattata nella lezione precedente.
Maturità Classica e Laurea in Giurisprudenza conseguita presso l'Università degli Studi di Cagliari. Avvocato iscritto all'Albo. Esperienza di docenza presso la scuola pubblica. Attività di collaborazione presso studio legale. Attività continua di studio e formazione nel diritto ci...
chi è Nicoletta Fois ?Dipartimenti e settori d'interesse dai corsi ai concorsi
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